Aggiungo un’ombra qui, accanto alla bocca, poi schiarisco un pochino sotto al mento, c’è il riflesso della camiciola bianca; sto cercando di dare spessore al mio nuovo lavoro, un ritratto multiplo dove uno dei ritrattati è un bambino molto piccolo, sorridente e felice. La sua gioia traspare da tutto il suo piccolo essere e voglio renderla al meglio nei miei disegni.
La mia mente continua però a vagare, ed a pensare ad un altro bambino molto meno felice, del quale sto leggendo in questi giorni: il Re di Roma, figlio di Napoleone Bonaparte e Maria Luigia d’Asburgo, che nacque il 20 marzo 1811. Il giorno precedente, quando, durante il travaglio la giovane partoriente percepì la preoccupazione delle levatrici e del suo entourage, e capì che avrebbero usato il forcipe, si lasciò sfuggire un disarmante: “E così, poiché sono l’Imperatrice, sarò sacrificata!”
Era giovane, ma non troppo, Maria Luigia, aveva vent’anni ed alla sua età molte donne della sua epoca erano già madri da tempo. Non fu mai una madre affettuosa, almeno per il suo sfortunato primogenito, Napoleone Francesco Giuseppe Carlo Bonaparte, che la vedeva per un quarto d’ora al giorno: Maria Luigia entrava nell’appartamento del figlio alle 16, dicendo “Bonjour, bonjour” e si sedeva a ricamare accanto ad una finestra, prima che venissero a chiamarla per la sua lezione di musica o di pittura. Durante la fuga da Parigi, nel 1814, viaggiavano in carrozze separate, solo di tanto in tanto lei decideva di tenerlo con sè.
Napoleone Francesco anni dopo, a Schönbrunn, chiese al nonno Francesco I d’Asburgo-Lorena se era vero che lui un tempo era stato re, il nonno mentì, ma sapeva bene che l’idea di Bonaparte di nominare il figlio Re di Roma, se concretizzata, avrebbe avuto un peso enorme su tutta Europa. Il dominio del Papa sarebbe stato ridotto al solo campo spirituale, inoltre, assegnando all’Italia un Re di sangue francese ed austriaco, il Paese delle mille fazioni e del dominio asburgico avrebbe forse accettato una condizione unitaria, che avrebbe, di fatto, sancito il dominio della Francia nel Vecchio Continente.
Il bambino del mio ritratto è gioioso e solare, sarà stato così anche il piccolo Napoleone? Si dice che fosse molto intelligente e perspicace, anche se i suoi precettori austriaci la pensavano diversamente, e che fin da piccolo fosse ben consapevole del proprio ruolo. I parigini, passando davanti alle sue finestre alle Tuileries, gli lasciavano messaggi per il padre, che lui prontamente consegnava, insistendo anche, talvolta, per farsi ricevere.
Quando fu costretto a lasciare Parigi, la sua casa, dovettero trascinarlo via a forza, voleva difendere il suo popolo e la sua città. Era davvero il Figlio dell’Impero, così è intitolato il romanzo storico che sto leggendo, gentilmente prestatomi tempo fa da una cara amica e che tardo a restituire, perché leggo a rilento. Questa sembra la storia di due solitudini, di due abbandoni, anzi, forse di molti abbandoni, di un bambino cresciuto fra governanti e precettori, entrato a tre anni a far parte di una famiglia che non lo voleva ma alla quale lui rimase fedele per tutta la sua breve vita. Morì a soli 21 anni di tubercolosi.
Di Napoleone Francesco a Parma si parla poco, ci sono, però, diversi suoi oggetti, lettere, ritratti e acquerelli, che chi viene in visita può trovare, fra mille altre deliziose suppellettili, nel Museo Glauco Lombardi. Disegnava e dipingeva, il Duca di Reichstadt, sì, perché Napoleone Francesco Carlo Re di Roma non lo fu mai.
Torno ai miei schizzi ed allo sguardo furbetto del mio piccolo amico e condivido con voi un’immagine di Napoleone Francesco forse ancora felice ed un suo piccolo acquerello.
Immagini di proprietà del Museo Glauco Lombardi, Parma.